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San Giuseppe Allamano: santità e Dio solo

S. Giuseppe Allamano aveva un concetto alto della missione: il suo non era solo filantropia, volontariato, impegno saltuario… Dato che la missione si aggancia all’azione salvifica di Dio, i valori dello “spirito” erano da lui ritenuti di fondamentale importanza.

Dai suoi Missionari esigeva sempre il massimo, soprattutto in questo campo. La santità era condizione per la missione: “prima santi e poi missionari”; (alle Suore) “Buone non basta; migliori non è sufficiente; ottime!”; “Sì. Dio solo. Tutto di Dio, tutto da Dio, tutto in Dio” (Così vi voglio, p. 132). “Teniamo gli occhi fissi in alto! La nostra mira è là: Dio solo!” (Così vi voglio, p. 147).

Nell’immaginario comune, invece, si pensava alla missione come ad un fare, alla realizzazione, a costruire, a fondare… Sempre e tutto sul versante dell’attività. Giuseppe Allamano ha puntato invece molto sulla “passività”, sulla accoglienza dei valori, sull’essere come generatore del fare (è efficace l’immagine della “conca” da lui usata sovente nelle sue conferenze).

Mons. Vacha Emilio, sacerdote torinese, ha lasciato la seguente significativa testimonianza in occasione del processo per la Beatificazione dell’Allamano:

È significativo che i curatori di “Così vi voglio” abbiano messo come primo capitolo: “Santità e missione, fine dell’Istituto”. L’Allamano voleva infatti che la santità fosse sempre al primo posto: “Missionari e Missionarie sì, ma santi”. Fu il leitmotiv di tutto il suo insegnamento. Poiché le citazioni a questo riguardo si sprecano, se ne propone una soltanto: «Qualcuno crede che l’essere missionario consista tutto nel predicare, nel correre, battezzare, salvare anime; no, no! Questo è solo il fine secondario: santifichiamo prima noi e poi gli altri. Uno tanto più sarà santo, tante più anime salverà» (Conf. IMC. III, 258) (suo manoscritto). «Tutti dicono che siete venuti a farvi missionari; invece, no: prima di tutto voi dovete dire: son venuto a farmi santo!» (Conf. IMC, III, 659).

Il testo delle Costituzioni IMC, sulla scia dell’insegnamento del Fondatore, delinea succintamente il cammino per realizzare la vocazione missionaria: “Il fine che ci caratterizza nella Chiesa è l’evangelizzazione dei popoli; lo realizziamo per la gloria di Dio e nella santità della vita, nel senso inteso dal Fondatore, quando ribadiva: “Prima santi, e poi missionari” (n. 5).

Alcune caratteristiche dello stile di santità secondo Giuseppe Allamano

S. Giuseppe Allamano non solo si cibava lui stesso degli insegnamenti e degli esempi dei Santi, ma ha voluto pure darceli come protettori o patroni. Il libro “Scegliendo fior da fiore” di P. Pavese Francesco ce lo dimostra ampiamente. Egli voleva che noi non solo pregassimo i nostri Protettori per chiederne l’intercessione, ma che essi diventassero nostri modelli di vita e ispirazione nel vivere la missione.

L’Allamano voleva che ci aiutassimo a farci santi; anche per questo ha voluto darci lo spirito di famiglia come caratteristica dell’Istituto. Dal tempo del Fondatore l’appello alla santità è sempre risuonato e risuona nei nostri Istituti. Basti ricordare il biennio sulla santità, celebrato negli anni 2006-2008. Suo frutto è stata anche la bella pubblicazione “Il missionario della Consolata, santo” (2012). Dalle nostre Direzioni Generali è venuto poi un appello forte a “farci santi assieme”. “La santità non è solo un ‘affare personale’ né solo il frutto di un percorso individuale. Come la missione tende alla comunione con Dio e tra di noi, così la santità di vita si alimenta della comunione e porta alla comunione; ideale, questo, caro al Fondatore che esortava: «Tutti insieme ci aiuteremo a farci santi»…”.

La santità dell’Allamano ha un forte timbro cristologico: Gesù è il modello per eccellenza della santità apostolica. Su questo aspetto l’Allamano era molto chiaro, tanto che indicava Gesù come modello di qualsiasi virtù. In tal modo il Fondatore puntava direttamente su Gesù nel suo cammino verso la santità: seguire lui, imparare da lui, imitare lui, fare unità con lui nell’Eucaristia. Gesù era sempre il punto di riferimento costante della sua vita e voleva che lo fosse anche per i suoi discepoli.

Dopo la beatificazione di Giuseppe Cafasso che ci è stato dato come Protettore speciale, l’Allamano fece un commento interessante: «L’eroismo della sua virtù consiste nella costanza. Non consiste nei miracoli l’eroismo, ma nel farsi violenza, nello star sempre lì fermo nel buon volere, nel non perder tempo: questo è roba nostra. Io ammiro ogni giorno più la vita di quest’uomo, perché non è andato a salti, no, è sempre andato diritto; la sua strada era quella e… avanti; e questo l’ha fatto per tutta la vita. Sempre la stessa fede, lo stesso amor di Dio e del prossimo; sempre prudente, sempre giusto, sempre temperante… non gli manca niente […], lui andava sempre avanti; faceva sempre tutto bene» (cfr. Così vi voglio p. 178). 

Per la riflessione personale

Il missionario della Consolata, santo”, Roma 2012.

Così vi voglio, cap. 1.

F. Pavese, “Scegliendo fior da fiore”, 2014

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