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Sorprese di Dio nella Bibbia

Sorprese di Dio nella Bibbia

“Qual è il tuo sogno nel cassetto?”. Probabilmente abbiamo fatto o risposto molte volte anche noi a questa domanda. Il sogno nel cassetto è l’obiettivo vero, autentico, gratuito e gratificante che immaginiamo magari di non riuscire a raggiungere mai, ma per il quale faremmo molti sacrifici, semplicemente per passione.

Secondo la Bibbia anche Dio ne ha, e a tratti lo confessa.

 

Dialogo divino-umano

Le religioni parlano di Dio. E dell’uomo. O, per meglio dire, parlano del dialogo tra il divino e l’umano. Possono parlarne semplicemente “dall’alto”, con l’elenco delle comunicazioni di Dio che l’uomo deve soltanto accogliere, ubbidendo. O possono anche parlarne dal basso, con le preghiere ed invocazioni che gli umani sperano arrivino a Dio. In un modo o nell’altro, le religioni pensano sempre a questo.

Spesso si immagina che la comunicazione avvenga tramite degli intermediari, che siano uno scritto, delle visioni, una rivelazione, o altro ancora. Il mondo biblico non fa eccezione, pur avendo ovviamente le sue particolarità. A essere tipico della Bibbia, non importa se Primo o Nuovo Testamento, è il fastidio verso ogni mediazione che non passi dall’essere umano: che si tratti del re, del profeta o del sacerdote, si pensa sempre che il dialogo tra Dio e uomo abbia bisogno di figure vive, responsabili, consapevoli. Nulla di meccanico, nulla di semplicemente naturale, come se Dio volesse davanti a sé figure consce del proprio ruolo: il creato può rimandare alla potenza divina, ma non la fa conoscere con precisione.

Le figure umane, inevitabilmente, si devono far riconoscere: il re è uno solo, e di stirpe nobile, come pure sacerdoti, nel Primo Testamento, lo si è per nascita. Solo i profeti sfuggono al cliché e restano imprevedibili, in quanto Dio può parlare a chiunque, ma in ogni caso restano pochi e relativamente identificabili.

Pare però che anche questa sistemazione, già relativamente originale, non soddisfi appieno il gusto divino.

Un anticipo: Mosè e gli anziani

Nel percorso del popolo d’Israele dall’Egitto alla terra promessa, lungo i quaranta anni vissuti peregrinando nel deserto, Mosè aveva avvertito la stanchezza di affrontare da solo questioni e contestazioni dell’intero popolo. Ecco perché Dio gli aveva chiesto di selezionare settanta anziani che potessero aiutarlo. Si pensa a uomini, abituati a comandare e a discernere (culturalmente le donne non avevano ruoli al di fuori della propria casa), e anziani perché abbiano esperienza e giudizio. Ma queste caratteristiche umane, pur necessarie, non bastano per fare da tramiti tra Dio e il popolo, in quanto è anche necessario cogliere le cose come lo farebbe Dio, e per questo viene loro donato lo spirito divino (Nm 11,14-17).

Avvenne tuttavia che due di quegli anziani, pur designati, non fossero presenti con Mosè intorno alla tenda dell’incontro. Anche quei due, comunque, iniziarono a profetizzare, nonostante si potesse pensare che fossero rimasti esclusi. Ecco perché qualcuno informa Mosè, chiedendo che vieti ciò che sta accadendo, ma la risposta è chiara: se stanno profetizzando, è perché è sceso su di loro lo spirito di Dio, e se non hanno seguito tutte le regole previste, significa che per Dio quelle non sono decisive. Dio agisce anche al di fuori delle prescrizioni e delle attese (Nm 11,24-29).

Anche altrove, nel Primo Testamento, troviamo profeti là dove non ci verrebbe da cercarli: è profeta il re Saul (1 Sam 19,24), sono profetesse (benché donne) Maria sorella di Mosè (Es 15,20), Debora (Gdc 4,4), Culda (2 Re 22,14; 34,22) e una Anna al tempo di Gesù (Lc 2,36), e Amos, a chi lo vorrebbe spedire a profetizzare lontano dal santuario del re d’Israele, risponde che non è stata scelta sua né avrebbe dovuto essere profeta, ma è stato spinto da Dio (Am 7,14-15). Parrebbe che i confini del profetismo ufficiale, già ben poco rigidi, a Dio siano stretti.

La parola di Gioele

Gioele è un profeta di cui non sappiamo niente, neppure di preciso se a scrivere il suo libro sia stata una persona sola o molte. E anche il messaggio del suo libro non è tutto chiarissimo: di certo ci si interroga sul “giorno del Signore”, che avrebbe dovuto essere il momento in cui Dio sarebbe finalmente intervenuto nella storia e avrebbe sicuramente castigato gli ingiusti e forse distrutto ogni residuo di male, tanto da suscitare la domanda su che cosa sarebbe sopravvissuto.

D’un tratto, però, spunta il terzo capitolo, che non si capisce benissimo da dove emerga, ma che è esplicito e limpido in ciò che afferma.

Dice infatti che Dio effonderà il suo spirito «su ogni carne» (Gl 3,1), che indica ogni persona ma intanto rimarca, dell’umanità, l’aspetto più fragile e “basso”, più normale e ordinario: possiamo ritenere di avere uno spirito indeciso o fragile, un’anima piccola e peccatrice, ma di certo abbiamo una carne. Quindi questo profeta elenca coloro che saranno presi dallo spirito divino: figli e figlie, anziani e giovani, persino gli schiavi (vv. 1-2). Non c’è più distinzione di genere, non c’è privilegio dell’età esperta, addirittura coloro il cui valore era simile a quello degli animali diventeranno intermediari divini.

La pagina prosegue quindi prevedendo catastrofi cosmiche, che da una parte dicono che ciò che sta per succedere in questa effusione dello Spirito non è qualcosa di ordinario ma segna in qualche modo la fine del mondo (non accade tutti i giorni che il sole si oscuri e la luna prenda il colore del sangue: v. 4), e dall’altra parrebbero anticipare che il giudizio divino sul mondo sarà duro e castigante.

Subito dopo, però, si parla della salvezza per chiunque invochi il nome del Signore (v. 5), di una vita piena che si darà a Gerusalemme, di superstiti. Come se l’intenzione divina di fare piazza pulita del male si scontri con uno sguardo sull’umanità che intenerisce Dio e lo trasforma solo in un salvatore.

Non c’è più distinzione: tutti profetizzano, anche gli schiavi, e tutti vengono salvati, se solo invocano il nome divino (non si chiede che ci si sia convertiti, che si sia stati capaci di servire Dio per anni, o cose simili).

Torna in mente Gesù, pronto nei vangeli a donare salvezza e gioia a chiunque gliela chieda, come pure lo Spirito Santo effuso a Pentecoste su tutti (At 2,1-11). Ma questa è una storia più ampia, e ad affrontarla ci allungheremmo troppo.

Angelo Fracchia

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