Chiamati all’amore

La parola “vocazione” può essere intesa in diversi modi. Qui vogliamo riflettere sulla vocazione cristiana, la vocazione alla fede, ossia a un certo tipo di relazione con Dio, con gli altri e con tutto il creato.

Perché una relazione sia tale occorrono almeno tre elementi: un io, un Tu, uno spazio intermedio ove la relazione accade.

Ecco: sto alla porta e busso. Se qualcuno ascolta la mia voce e mi apre la porta, io verrò da lui, cenerò con lui ed egli con me.” (Ap 3,30)

L’Apocalisse ci offre l’immagine di Qualcuno che bussa alla porta di un “tu” per offrirgli il dono della comunione, della intimità di vita rappresentata dalla cena. Si tratta di un Qualcuno che attende sulla soglia della porta una risposta. Una risposta che dipende dalla libertà del “tu”.

Una voce! L’amato mio! Eccolo, viene saltando per i monti, balzando per le colline. L’amato mio somiglia a una gazzella o ad un cerbiatto. Eccolo, egli sta dietro il nostro muro; guarda dalla finestra, spia dalle inferriate.” (Ct 2, 8-9)

Mi sono addormentata, ma veglia il mio cuore. Un rumore! La voce del mio amato che bussa: Aprimi, sorella mia, mia amica, mia colomba, mio tutto;” (Ct 5,2)

Queste immagini  del Cantico dei Cantici possono aiutarci a intuire che cosa capita nella esperienza di fede cristiana. Dio chiama. L’immagine non è quella di un Dio seduto da qualche parte lassù nel cielo che chiama qualcuno quaggiù sulla terra. E’ piuttosto l’immagine di un Qualcuno che si muove, che viene.

Dio si muove. Si muove dentro, e il movimento interiore di Dio verso di te è il Suo desiderio. Ti desidera, vuole rimanere con te, per questo lo hanno chiamato Emanuele, è il nome del suo desiderio verso di noi. Questo desiderio si fa carne in Gesù. Gesù è Dio che viene, che si muove, che ci cerca, che ama per primo.

E’ importante comprendere così la “chiamata”, come desiderio di Dio per noi, un desiderio tanto intenso che si fa carne e pane. Perciò Dio non chiama una volta sola. Il verbo “chiamare” nell’esperienza di fede  si coniuga sempre al presente, mai al passato, perché Dio ti desidera continuamente. Non ha mai smesso di desiderarti, perciò non ha mai smesso di chiamarti.

Dio bussa: non butta giù la porta, non scavalca il muro, si ferma sulla soglia e attende che gli si apra. Il Suo è un desiderio intensissimo e rispettosissimo dell’altro.

Mi sono addormentata, ma veglia il mio cuore. Un rumore! La voce del mio amato che bussa: “Aprimi, sorella mia, mia amica, mia colomba, mio tutto; perché il mio capo è madido di rugiada, i miei riccioli di gocce notturne”. “Mi sono tolta la veste; come indossarla di nuovo? Mi sono lavata i piedi; come sporcarli di nuovo?”. (Ct 5,2-3)

Le nostre resistenze: nel Cantico, lei pone delle giustificazioni: è già a letto, si è messa in camicia da notte, si è già lavata i piedi…  Le nostre giustificazioni davanti al desiderio di Dio: poi se mi sbaglio, poi se mi sporco, poi se non sono capace, poi se è troppo difficile, poi se non ce la faccio, poi se mi faccio male, poi se non capisco, poi sto bene così… poi questo letto è comodo, la mia vita così almeno la conosco, non sarà il massimo ma si sta anche benino qui… ecc. ecc.!

L’amato mio ha introdotto la mano nella fessura e le mie viscere fremettero per lui. Mi sono alzata per aprire al mio amato e le mie mani stillavano mirra; fluiva mirra dalle mie dita sulla maniglia del chiavistello.” (Ct 5,4-5)

La risposta: mi accorgo di questo amore, mi risveglio. Lui cerca la fessura da cui passare per farsi riconoscere, cerca  lo spiraglio che gli lascio.  Allora ecco il risveglio del mio desiderio, che mi fa risvegliare dal sonno e mi fa muovere dal letto in cui sono adagiata, dall’affezione alla mia camicia da notte e ai miei rituali, dagli anfratti rocciosi  in cui mi sono nascosta. Esco di lì, ma non si tratta tanto un atto di volontarismo. No, è un atto di desiderio. Non un atto fatto di emozione del momento, ma di desiderio delle viscere.

Ho aperto allora all’amato mio, ma l’amato mio se n’era andato, era scomparso. Io venni meno, per la sua scomparsa; l’ho cercato, ma non l’ho trovato, l’ho chiamato, ma non mi ha risposto. Mi hanno incontrata le guardie che fanno la ronda in città; mi hanno percossa, mi hanno ferita, mi hanno tolto il mantello le guardie delle mura.” (Ct 5,6-7)

La risposta del tu è anch’essa un movimento. Prima c’è il movimento del risvegliarmi, accorgermi di Chi mi desidera così, accogliere questo desiderio. E poi c’è il movimento di uscita, di ricerca.  Da chi era impigrita a letto e non voleva alzarsi, eccola qui, l’Amata, ad andare in giro sola di notte, disposta ad essere percossa, ferita, deprivata del mantello. Che trasformazione!

Io vi scongiuro, figlie di Gerusalemme, se trovate l’amato mio che cosa gli racconterete? Che sono malata d’amore! Che cosa ha il tuo amato più di ogni altro, tu che sei bellissima tra le donne? Che cosa ha il tuo amato più di ogni altro, perché così ci scongiuri?” (Ct 5,8-9)

Nell’Amata ormai non troviamo più nulla che sappia di autodifesa; non  inveisce contro le guardie che la picchiano, unica sua preoccupazione è l’Amore, è il cercare l’Altro. L’amata lo cerca ovunque e questa sua ricerca un po’ pazza fa sorgere in altri delle domande. Ed ecco prorompere spontanea la descrizione/annuncio dell’Amato:

L’amato mio è bianco e vermiglio, riconoscibile fra una miriade. Il suo capo è oro, oro puro, i suoi riccioli sono grappoli di palma, neri come il corvo.” (Ct 5,10-11)

Sgorga dal cuore la proclamazione della bellezza di Lui. A questo punto il tu è pronto a diventare testimone, perché questo tu che è l’Amata è entrato nel movimento di Dio, quello della ricerca tenera ed appassionata, quello del risvegliare nella persona la consapevolezza che non è da sola, ma c’è un Padre/Madre che la cerca e la ama senza condizioni.

Nasce allora la passione, il movimento della persona inviata. Allora l’inviato diventa davvero simile a Gesù, Colui che viene a cercare la persona, a cercare i Figli per rivelare questo amore tenero e forte e per riunirli in questo amore di Dio Padre, Madre e Sposo. Questo è il senso della missione.

Suor Simona Brambilla, mc