Suore Missionarie della Hermanas Misioneras de la Irmãs Missionárias da
Consolata

BENVENUTI, BENVENUTE! 

¡BIENVENID@S!

BEM-VIND@S!

Quando la fede diventa canto

La Bibbia è piena di pagine di racconti, ma si riempie anche di tanti inni. D’altronde, tutti noi, anche i più razionali e controllati, quando siamo mossi da grandi sentimenti (di amore, di delusione, di speranza, di rabbia… ma più spesso quando sono cose belle a stimolarci) ci sentiamo portati verso la poesia, che sarà più difficile da intendere, ma non si limita a parlare alla ragione.

Una lettera curiosa

La lettera di san Paolo agli Efesini… per alcuni non è di Paolo, e potrebbe non essere stata scritta per Efeso. Potrebbe infatti darsi che sia uno scritto di celebrazione della grandezza di Dio e di riflessione teologica sul ruolo della Chiesa, magari composto nella comunità di Efeso, ma probabilmente non da Paolo.

Sono infatti strani i vocaboli utilizzati, lo stile e il tema stesso, che non troviamo nelle lettere di Paolo sicuramente sue. Suonerebbe d’altronde strano che, scrivendo a una comunità nella quale aveva trascorso tantissimo tempo, Paolo resti così freddo e distaccato.

Non importa. Chiunque abbia scritto queste righe, sono una delle riflessioni più antiche e in fondo sognanti su che cosa è la chiesa, e restano magari complicate da leggere per noi ma profonde e stimolanti.

Come nelle lettere autentiche di Paolo, comunque, dopo un primo saluto alla comunità (molto asciutto se fosse paolino, ma già più ampio di quello che di solito si utilizzava nelle lettere) arriva un inno di ringraziamento.

Il ringraziamento della lettera agli Efesini (1,3-14) è però particolare, perché è e senza paragoni nella Bibbia per ampiezza di sguardo. Si parte infatti dall’inizio del tempo («prima della creazione del mondo»: v. 4) fino alla pienezza, cioè al completamento, del tempo (v. 10). L’intento divino fin dall’inizio è riassunto nell’essere “santi e immacolati nella carità”. Qui sembra che l’autore pensi all’idea ebraica di santità, ossia all’essere “messi da parte” per Dio. Come quando andiamo in un negozio e selezioniamo gli abiti per noi, dopo averli provati, e ci sembrerebbe offensivo che qualcuno li prenda dal nostro carrello: non li abbiamo ancora pagati, è vero, ma sono in qualche modo già nostri, destinati solo a noi. È questa l’idea della “santità” ebraica, ed è qui spiegata con l’essere senza macchia “nella carità”. Potremmo essere incapaci, incompetenti, ignoranti, limitati, potremmo pregare poco e male, e per Dio andrebbe tutto bene. Ma dobbiamo essere generosi senza macchia nel voler bene per assomigliargli, per renderlo felice.

La centralità di Cristo

In poche righe si ripete dieci volte l’espressione “in Cristo”. Sembra che la chiave di comprensione essenziale sia quella. Se voglio essere sicuro di non uscire da questo progetto universale del Padre, devo restare unito a Gesù, che è lo strumento per conoscere il Padre e per vivere la comunione con lui, ma è anche il modello al quale conformarci, fino alla fine.

Il punto d’arrivo della relazione degli uomini con il Padre, infatti, fin dall’inizio dell’inno è visto nell’essere «per lui figli adottivi» (v. 5). Gesù è il Figlio del Padre, per natura. Noi non lo siamo. Siamo creati da lui, voluti, amati, fatti a sua immagine e somiglianza. Ma restiamo qualcosa di diverso.

Eppure, ci ripete questo inno, proprio nella vicenda e nell’insegnamento di Gesù scopriamo che ciò a cui siamo destinati è di essere adottati a quella dignità unica e inarrivabile, a quell’intimità di amore e comunione con il Padre che è stata vissuta pienamente da Gesù. Lui ne fruiva per natura, noi per adozione, non lo eravamo (né lo siamo, pienamente, ancora), ma siamo “predestinati” a esserlo. Il Padre l’ha già deciso, è già stabilito che diventiamo come Gesù. Come se fossimo ancora in un orfanotrofio, ma fossero già state firmate le carte che ci faranno entrare in una famiglia.

È il superamento della grande distinzione che anche il mondo ebraico aveva impostato, quella tra Dio e l’uomo, distanza incolmabile, che quando l’uomo ha tentato di coprire raggiungendo il cielo con una torre (a Babele, secondo Genesi 11), era stato confuso e disperso. Perché l’uomo non può pensare di guadagnarsi quell’intimità profonda con Dio. Solo che in Gesù scopriamo che Dio ha voluto coprire quella distanza, «abbattendo il muro di separazione che li divideva» (Ef 2,14). Ed è vero che ciò a cui siamo destinati è per adozione, superando una differenza che in origine c’era, ma è l’essere adottati a figli, come Gesù.

E questo piano è semplicemente l’illustrazione piena di chi è davvero Dio, mostra lo «splendore della sua grazia» (1,6), perché è semplicemente il lasciare dispiegare ciò che il Padre ha voluto da sempre e che meglio chiarisce il suo intento di amore.

Comunione piena

Questa è allora l’intenzione divina, da sempre. E la si è vista «mediante il sangue» di Gesù (v. 7), perché proprio il dare la vita da parte del Figlio ha mostrato fin dove Dio si vuole spingere nel suo amore per l’umanità: fino a dare la vita, e a darla in croce, segno della dannazione divina. Dio, insomma, nella vicenda di Gesù ci mostra che è persino disposto ad accettare la morte di chi ama più di tutto al mondo, di suo figlio, e addirittura di svergognarlo facendolo passare come condannato dal Padre.

Se Dio è disposto ad arrivare a tanto, è chiaro che non ha più senso richiamare le nostre colpe (v. 7), perché sono definitivamente vinte da un amore che non si ferma di fronte a niente. Non è che Dio fa finta di niente o che noi diventiamo improvvisamente buoni: è che il Padre vuole vivere in comunione con noi, e l’unico eventuale ostacolo a questa comunione è che noi la rifiutiamo, non ce ne sono altri.

E questo non è stato soltanto donato, ma Dio ha voluto farcelo sapere, farcelo conoscere (vv. 8-9), perché non sarebbe amore pieno quello che alla fine donasse la riconciliazione ma la facesse sospirare come irraggiungibile. Dio non vuole avere segreti, come con chi si ama davvero. È un trucco di tanti professori, quello di sembrare severissimi per poi diventare generosi agli esami finali, è anche un modo per mantenere autorevolezza e l’attenzione degli studenti. Ma Dio non ricorre neppure a questo trucco, gioca a carte scoperte.

Ricapitolazione in Cristo

Lo scopo ultimo della storia, allora, è di ricondurre tutto a Gesù, come se fosse la testa di un corpo (v. 10). È un modo per dire che, certo, tutto manterrà la propria autonomia e differenza, che non sarà cancellato in un ammasso armonico ma indistinto. Se saremo in Dio, non saremo una massa anonima, ma ognuno di noi manterrà la sua fisionomia, la sua storia, i suoi affetti, i suoi legami d’amore liberi. Ma tutto viene ricondotto come a un cervello solo, in armonia e unità, esattamente come le attività delle varie membra del corpo sono diverse ma perseguono un medesimo scopo, ognuna a modo suo.

Ciò che viviamo noi oggi, allora, è già un’unione con Gesù che anticipa quella piena adozione a figli che ancora aspettiamo come promessa, come anticipo, come caparra nel dono dello Spirito Santo, della presenza di Dio in mezzo a noi (vv. 13-14).

Ben lungi dal pensare un Dio severo giudice, la vita di Gesù e la riflessione sul suo messaggio ci restituiscono un Padre innamorato che vuole soltanto farsi amare e ricondurre ad armonica comunione tutti i suoi figli, senza confonderli ma senza lasciare fuori nessuno. E che questo suo piano d’amore lo svela già appieno in Gesù, perché nessuno debba essere schiavo della paura.

Angelo Fracchia

  • All Posts
  • Beata Irene
  • Beata Leonella
  • ESPAÑOL
  • ITALIANO
  • Missiolog
  • Mondo Allamano
  • PORTUGUÊS
  • San José Allamano
    •   Back
    • Andare alle Genti
    • Racconti
    • Interviste
    • Popoli
    • Bibbia
    • Approfondimenti
    • Istituto
    • San Giuseppe Allamano
    • Progetti
    • Spiritualità
    •   Back
    • Misión
    • Espiritualidad
    • Biblia
    • San José Allamano
    •   Back
    • São José Allamano
    • Missão
    • Espiritualidade
    • Testemunhos

Missionarie della Consolata

missio.consolata@gmail.com

Misioneras de la Consolata

abconsolata@gmail.com

Missionárias da Consolata

missionariasdaconsolata@gmail.com

E-mail del sito: postmaster@missionariedellaconsolata.org