Il tema centrale del messaggio dellla Giornata Mondiale delle missioni 2025 è: “Missionari di speranza tra tutti i popoli”. Il compianto Papa Francesco ci invita a sentirci anche noi ispirati, a porci in cammino, seguendo i passi del Signore Gesù per diventare, con Lui e in Lui, segni e messaggeri di speranza per tutti, in qualsiasi luogo o circostanza. Tutto questo si è vissuto e respirato nel Festival della Missione, realizzato a Torino dal 9 al 12 ottobre 2025.
Il Festival della missione nacque da un’idea dello scrittore e giornalista Gerolamo Fazzini. In collaborazione con la Conferenza degli Istituti Missionari italiani (CIMI), la Fondazione Missio Italia e il Centro Missionario di Brescia, il Festival avviene ogni 3 anni. L’edizione 2025, svoltasi a Torino, è stata un’opportunità di incontro, scambio e riflessione per migliaia di persone che, partecipando a conferenze, esposizioni, workshops, momenti di spiritualità e di arte, hanno potuto accostarsi al tema del “Volto prossimo”, che si incontra nelle periferie geografiche ed esistenziali.
Giovedì 9 ottobre
Un pellegrinaggio da diversi punti della città ha iniziato le attività del Festival, seguito da testimonianze toccanti di Volti prossimi, nella Chiesa di San Filippo Neri: storie di migrazione, dipendenze, carcere, malattia, abbandono e solitudine. Emozioni forti e storie commoventi, storie di resistenza e resilienza, di solidarietà e di crescita personale. Quanta speranza si è respirata!

Alla fine della serata, è stata presentata una lettura teatrale di tre santi sociali, dal titolo “Il bene fatto bene, senza rumore”, che presentava le figure di San Giuseppe Allamano, San Piergiorgio Frassati e San Carlo Acutis.
Venerdì 10 ottobre
Iniziamo il giorno con un momento di lettura orante della Parola di Dio, a cura di Antonietta Potente, dal titolo: “Bere al proprio pozzo”. La teologa domenicana accompagnerà il Festival anche nei prossimi giorni con le sue riflessioni profonde.
Con la domanda: “Chi dicono che io sia? E tu, chi dici che io sia? si è riflettuto che la missione è imparare a vivere insieme, e cogliere il mistero di Dio presente in ogni persona e ogni cultura. L’esperienza dell’Altro è ricchezza, l’ascolto dell’altro è importante perché la spaienza dell’altra persona, insieme alla mia, porterà al cambio del nostro mondo.

La creazione di reti, il lavoro collettivo, le relazioni: sono state le parole che hanno escheggiato lungo tutto il secondo giorno del Festival. Il discorso si è focalizzato sulla crisi globale, sulla conversione ecologica e la giustizia economica, e le minacce che devono affrontare. Il grido della terra, dell’acqua, la deforestazione, la dignità dei poveri in rischio: è ancora possibile evitare l’abisso imminente?
Il cambio climatico è la principale missione alla quale siamo chiamati, creando un ambiante accogliente che promuova gli incontri tra le persone per proclamare il Vangelo che trasmetta vita. L’uomo è protagonista della Creazione e della sua trasformazione.
Dobbiamo coltivare una speranza positiva, lavorare in rete per uscire dal pensiero individualista e assumere una dimensione collettiva: questa è la conversione.
Dobbiamo appassionarci della realtà nella quale siamo immersi, trasmettendo energie che trasformino con sentimenti positivi.
Chi è il mio prossimo?
Una risposta che è stata data è che è prossimo tutto ciò che sta attorno a me, pertanto, tutto ciò che vive.
La contemplazione della Creazione rende il cuore allegro, una gioia disinteressata. Esistono 4 leggi in natura: vivere, crescere, fiorire, maturare e donare. Tutta la Creazione segue queste leggi. Ama la terra come Dio la ama e come tu ami te stesso: la salvezza sarà per tutti o non sarà per nessuno, tutti siamo responsabili.



Sabato 11 ottobre
Nella mattina di sabato i panels proposti portarano il coraggio e la ricchezza di coloro che hanno condiviso la propria esperienza con i volti dimenticati: la crisi globale dei migranti, le guerre.
Desidero che siate eretici. Io sono eretico. Heresia in greco significa “scelta”. Un eretico è colui che sceglie, ama la ricerca della verità, più della stessa verità. La vera eresia è credere che l’amore vince.
Con queste parole Don Luigi Ciotti ha parlato a un gruppo nutrito di persone in Piazza Castello, dove si sono svolte varie attività dal titolo “Disarmati”. Insieme a molte altre testimonianze di azione non violenta, si è aperta una condivisione molto forte sulle conseguenze della gurra e dell’ingiustizia.
In particolare, è stata toccante la testimonianza del palestinese Mohammad Hureini e dell’israeliano Yonatan Zeigen sul loro impegno per il rispetto dei diritti umani.
Chris, un giovane che è approdato in Italia su un barcone, ha proposto una canzone che ha composto dopo la sua esperienza di migrazione dalla Nigeria a Lampedusa: “Non siamo pesci, siamo umani”.
Prima salviamo, poi discutiamo: la dignità delle persone viene prima, poi si discuterà di politiche migratorie. L’appello è alla ricerca di forme non violente di resistenza, di solidarietà di fronte alla disumanità, una risposta concreta alla globalizzazione dell’indifferenza e dell’impotenza.
La pace di Cristo, disarmata e disarmante, dove spingerci a piccoli gesti concreti, quotidiani, consistenti: con il coraggio di parlare e la tenerezza dell’accettazione, si costruisce la pace.
Domenica 12 ottobre
Davvero questo Festival ha seminato molta speranza, e la speranza è potere! SIamo qui oggi, ma siamo anche il futuro, futuro nel senso di una vita di qualità, che cerchiamo di vivere nella libertà. La speranza è l’azione per trasformare la realità.
Sono stati giorni di molta vita, scambio e entusiasmo. Lì dove siamo, possiamo essere semi di speranza, di vicinanza e solidarietà, capaci di trasformare la realtà, superando l’indifferenza.
La Messa conclusiva, celebrata dal Card. Roberto Repole, arcivescovo di Torino, presentava il Vangelo dei dieci lebbrosi. Il Cardinale ha indicato che il grido dei dieci lebbrosi è il clamore dell’umanità fragile, ferita, malata, vittima di violenza. Essi sperano che Gesù li guarisca, e di fatto il Signore li guarisce.
Oggi tutti noi siamo discepoli missionari, coscienti della nostra umanità, fragilità, precarietà. Abbiamo bisogno di essere salvati. Abbiamo bisogno di ritrovare la compassione e superare l’indifferenza., vivere l’empatia, sentire la vicinanza di Dio, che porta sempre la salvezza.
Il cammino del discepolo missionario è quello di uscire da noi stessi, dal nostro centro, dalla prigione che ciascuno è di sé stesso, dobbiamo metterci davanti a Dio e agli altri, gratuitamente, lodando e ringraziando Dio.
Con queste parole si è terminato il Festival della missione: con volti prossimi, sorrisi, abbracci e incontri, poiché la missione è lì, dove il mondo si ritrova e incontra!
Suor Julia, mc




